Alzheimer: arriva in Europa il farmaco che può cambiare tutto, ecco qual è

All’orizzonte si profila una nuova e concreta speranza per tutte le persone che convivono con la malattia di Alzheimer, così come per le loro famiglie che quotidianamente affrontano le difficoltà legate a questa patologia. Recentemente, infatti, è stato approvato in Europa un innovativo farmaco che promette di rallentare in modo significativo la progressione dell’Alzheimer. Questo importante traguardo rappresenta una svolta nel panorama terapeutico e offre nuove prospettive per il futuro. Scopriamo insieme di quale farmaco si tratta, quali sono le sue caratteristiche principali e in che modo agisce sull’organismo.

Nuovo farmaco per l’Alzheimer: ecco di quale si tratta

Come accennato, una nuova opportunità terapeutica si apre per chi soffre di Alzheimer, grazie all’arrivo in Europa di un farmaco recentemente approvato che si è dimostrato capace di rallentare la progressione della malattia. Si tratta di un passo avanti di grande rilievo, che potrebbe realmente migliorare la qualità della vita di moltissime persone e delle loro famiglie, offrendo loro una prospettiva di maggiore autonomia e benessere.

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Il farmaco di cui si parla è il lecanemab, un anticorpo monoclonale sviluppato grazie alla collaborazione tra la casa farmaceutica Eisai, con sede in Giappone, e l’azienda statunitense Biogen. Il meccanismo d’azione di questo medicinale è mirato: il lecanemab si lega e favorisce la rimozione della beta amiloide, una proteina che tende ad accumularsi nel cervello delle persone affette da Alzheimer, contribuendo al peggioramento della malattia.

La beta amiloide, infatti, è responsabile della formazione delle cosiddette placche amiloidi, strutture che sono strettamente associate al deterioramento delle funzioni cognitive. Il successo di questo nuovo trattamento è particolarmente significativo, poiché fino ad oggi i farmaci disponibili si limitavano ad agire esclusivamente sui sintomi, cercando di rallentare la perdita di memoria o di migliorare alcuni aspetti comportamentali, senza però intervenire sulle cause alla base della malattia.

Cosa cambia per i pazienti

L’introduzione di questo farmaco rappresenta una svolta importante, poiché permette di rallentare il declino cognitivo nei pazienti affetti da Alzheimer. Secondo i dati raccolti negli studi clinici, i pazienti che hanno ricevuto il trattamento con lecanemab hanno mostrato una riduzione della progressione della malattia di circa il 27% rispetto a coloro che hanno assunto un placebo, nell’arco di 18 mesi. Sebbene questa percentuale possa sembrare modesta, in realtà costituisce un risultato di grande rilievo per una patologia che, fino ad ora, non offriva reali possibilità di rallentamento.

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Tuttavia, è importante sottolineare che questo trattamento non è indicato per tutti i pazienti. L’approvazione riguarda esclusivamente coloro che si trovano nelle fasi iniziali della malattia, ovvero persone che presentano un lieve deterioramento cognitivo ma che sono ancora in grado di svolgere in modo autonomo le attività quotidiane. Inoltre, per poter accedere alla terapia, è indispensabile una diagnosi certa di accumulo di beta amiloide nel cervello.

Per ottenere una diagnosi precisa di accumulo di beta amiloide, è necessario sottoporsi a esami diagnostici specifici, come la PET cerebrale o la puntura lombare. Questi test permettono di individuare con certezza la presenza della proteina nel cervello, garantendo così che il trattamento venga somministrato solo a chi ne può realmente beneficiare. Vediamo ora quali sono le categorie di pazienti che potranno accedere a questa nuova terapia e in che modo essa verrà somministrata.

Quali sono le persone che potranno accedere a questo farmaco?

L’autorizzazione all’immissione in commercio di questo farmaco in Europa è stata concessa il 15 aprile 2025, ma ogni Stato membro dovrà stabilire in autonomia i tempi di introduzione, le modalità di somministrazione e le eventuali politiche di rimborso. In alcuni paesi, come la Germania o la Svezia, si prevede che il farmaco possa essere reso disponibile già nei prossimi mesi, offrendo così un accesso rapido ai pazienti che ne hanno bisogno.

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Al contrario, in altri paesi, tra cui l’Italia, i tempi di accesso potrebbero essere più lunghi, poiché sarà necessario valutare attentamente i costi del trattamento e negoziare con l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) le modalità di rimborso e distribuzione. È fondamentale sottolineare che il trattamento con lecanemab non è privo di rischi: alcuni pazienti, infatti, hanno manifestato effetti collaterali rilevanti, come edema cerebrale o microemorragie.

Di conseguenza, non tutti i pazienti potranno essere considerati idonei a ricevere questo farmaco. Ad esempio, le persone portatrici di due copie del gene ApoE4, che risultano maggiormente esposte al rischio di effetti avversi, potrebbero non essere ritenute adatte alla terapia. Sarà comunque necessario attendere le valutazioni degli esperti e monitorare attentamente l’evoluzione della situazione, nella speranza che il farmaco possa rappresentare una svolta positiva.

Come si somministra

Il lecanemab viene somministrato tramite infusione endovenosa ogni due settimane. Si tratta di una terapia che richiede un attento e costante monitoraggio da parte del personale medico specializzato. I pazienti, infatti, devono sottoporsi periodicamente a risonanze magnetiche cerebrali per controllare l’eventuale insorgenza di effetti collaterali a livello cerebrale, garantendo così la massima sicurezza durante il trattamento.

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Sebbene la modalità di somministrazione sia piuttosto impegnativa e richieda un’organizzazione accurata, i benefici potenziali sono considerevoli, soprattutto per chi si trova nelle fasi iniziali della malattia e può così sperare di mantenere più a lungo le proprie capacità cognitive. Per quanto riguarda il costo, le stime attuali indicano che il trattamento potrebbe arrivare a costare decine di migliaia di euro all’anno per ciascun paziente.

Un ulteriore aspetto da considerare riguarda la possibilità che il farmaco venga rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale. In caso di rimborso, sarà essenziale predisporre una rete efficiente per la diagnosi precoce e per la somministrazione controllata della terapia. Tuttavia, al momento si tratta ancora di ipotesi e sarà necessario attendere ulteriori sviluppi per conoscere le modalità di accesso e le tempistiche definitive.

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